

In occasione delle Paralimpiadi, mi è capitato spesso di leggere piccole frasi estrapolate da lunghe interviste fatte ad atleti vincitori di medaglie d’oro, solo con l’intendo di dare un messaggio: ”Alla fine il problema delle persone con disabilità fisiche, si riducono tutto a impegno, forza di volontà e voglia di vivere”.
Poi basta uscire da casa e vedere queste persone costrette ad andare con la carrozzella in strada tra le auto, perché sanno già che alla fine del marciapiede se non c’è qualcuno ad aiutarli hanno difficoltà a proseguire il loro viaggio, per colpa di un lampione o in palo al centro del percorso o manca lo scivolo.
Tutto ciò ha un costo, allora è meglio cambiare loro il nome per rispetto, per non offenderli come qualcuno afferma, così il problema è risolto.
Stefano Marchetta
Fa’ quàllë chë vù, ma doppë nnë të lamendà.
(Fai quello che vuoi, ma dopo non ti lamentare).
Imbottigliato
come un leone in gabbia,
me ne sto nel buio ancorato.
Mentre seguo voli rapaci
che disegnano nel cielo perlato,
messaggi fugaci.
Attingo forza,
nella speranza prigioniera
che d’amore si sforza.
Mentre tenere note
risvegliano nella mia anima,
preghiere ormai vuote.
Stefano Marchetta
«L’Unicef è nata nel 1946 a New York, subito dopo la seconda guerra mondiale con il compito di soccorrere tutti i vari Paesi che erano stati colpiti dalla guerra. Dopo 6 anni, con la ripresa post guerra sembrava che il mandato dell’Unicef dovesse terminare invece c’è stato un grande uomo, un italo-americano, Fiorello La Guardia, sindaco di New York in quegli anni, che stabilì che il mandato dell’Unicef sarebbe dovuto restare permanente con il compito specifico di aiutare i bambini dei Paesi del terzo mondo ».
Il Comitato Italiano per l’UNICEF nasce ufficialmente nel 1974.
Sì gnè la hàttë, archìlë sembrë dë pìtë.
(Sei come un gatto, ricaschi sempre sui piedi).
Dicasi di persone che hanno sempre una spiegazione sul loro operato.