Giu 30, 2020 - Articoli    No Comments

THE WOMEN IN WAR.

Tempo fa mi sono trovato a guardare un documentario dove un ippopotamo dopo aver sconfitto il vecchio capobranco, uccideva tutti i cuccioli del vecchio leader in modo da far tornare in calore le femmine e poterle coprire, dando origine alla sua stirpe, come facevano gli umani feudatari nel medio evo con “Lo ius primae noctis”. Di conseguenza il mio pensiero va alla classica espressione dialettale “Zë štà a fenè lu muànnë “(Sta finendo il mondo). Dico questo perché vedo sempre più donne che cercano di somigliare agli uomini, coloro che per natura possono dare origine alla vita, imbracciare le armi, scegliendo carriere militari consapevoli che un giorno possono togliere la vita a un figlio di una puerpera come loro, alla pari degli uomini che per natura vengono definiti guerrafondai, per confermare la loro leadership, il loro posto da capobranco. Di conseguenza mi chiedo perché ci meravigliamo che questo mondo abbia spostato il suo asse verso una cattiveria tangibile, non quello bello e non palpabile che la televisione con tutti quei programmi di buonisti, di umanitari fasulli e ipocriti, che ci vogliono far credere, ma una ripida discesa che ci porta verso un baratro di una ferocia concreta e reale della natura umana. Dove la donna non riesce più ad essere come un tempo ambasciatrice, artefice e portatrice di pace, ma cerca di rivendicare nel 8 marzo l’uguaglianza all’uomo, lo stesso uomo che loro odiano dicendo che loro sono migliori. Ma bisogna tornare a pensare e accettare che l’uomo e la donna hanno per natura la compensazione di tutto quello che manca all’altro.

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